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Espulsioni di funzionari: tensioni diplomatiche tra Russia e Grecia

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Brexit: 3 deputate conservatrici lasciano il partitoUna gestione disastrosa della Brexit. E' l'accusa piu' dura che tre deputate del partito conservatore britannico hanno rivolto al primo ministro Theresa May prima di lasciare il partito e unirsi al Gruppo Indipendente. Sarah Wollaston, Anna Soubry e Heidi Allen si uniranno agli 8 deputati ex laburisti fuoriusciti dal partito giorni fa in polemica con il segretario Jeremy Corbyn. "I conservatori si sono sempre distinti per competenze economiche - ha dichiarato Heidi Allen - Ma da quando abbiamo permesso a un ministro del governo di mandare a quel paese gli affari, da quando abbiamo un primo ministro ostaggio degli estremisti della brexit e che sta trascinando il Paese e il Parlamento sull'orlo di un abisso senza uscita, be allora è tutto finito...io voglio far parte di qualcosa di meglio, un partito in cui le persone votino perchè vogliono farlo e non perche sentono di doverlo fare". Un governo, per i ribelli, ostaggio degli unionisti nordirlandesi e dell'European Research Group, organizzazione parlamentare coinvolta nei negoziati con una posizione intransigente rispetto all'Europa. 01:06 SOT ANNA SOUBRY, REBEL CONSERVATIVE MP "Parliamo ai milioni di persone che si sentono abbandonate e non rapresentate dai due principali partiti ormai vecchi, come gli altri del resto - ha detto Anna Soubry - Noi condividiamo gli stessi valori, gli stessi sogni e le stesse aspirazioni. Come tutti anche noi siamo stanchi delle etichette. Siamo stanche di questo tribalismo e della politica britannica dominata dalle sue componenti piu' estremiste. E' tempo di cambiare e noi siamo una squadra che con il vostro supporto puo' ottenere questo cambiamento". L’uscita delle tre deputate dal partito complica le cose per Theresa May che potrà contare su una maggioranza piu' esigua alla camera dei Comuni dove il 27 febbraio arriverà in votazione la proposta di accordo con l'Unione Europea.
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L'isola del rimpianto: i numeri della crisi del latteLa protesta dei pastori sardi va in scena da settimane. Con blocchi stradali e il riversamento di tonnellate di latte in strada hanno portato in piazza la richiesta, rimasta fino allora inascoltata, di aumentare il prezzo del latte al litro, calato a 60 centesimi dagli 85 del 2017. La patorizia è una delle principali voci dell'economia dell'isola e l'allevamento ovino rappresenta il 40% delle entrate del settore. Sono in tutto 12 mila le aziende ovine e vi lavorano direttamente direttamente a 30 mila persone. Altro dato interessante è il numero di pecore, circa 3 milioni, ce ne sono quasi due per abitante. Il cuore del problema, una sovraproduzione di pecorino romano. Il 60% del latte ovino prodotto nell'isola, circa 300 milioni di litri all'anno, è usato per la produzione del pecorino romano, la sovraproduzione del 2017/2018 (pari a più 22,5% )non è stata assorbita dal mercato e si è riflessa immediatamente sul prezzo del latte. Gli isolani dicono che se si lascia morire la pastorizia, è la fine. La Sardegna resta una delle regioni più povere d'Italia, con poco più di 1 milione e mezzo di abitanti, ha un tasso di disoccupazione giovanile di quasi il 50%, un giovane su due non ha lavoro. E moltissimi sono costretti a emigrare.
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Il sequestro della figlia dell'ex ambasciatore nord coreano: un caso politicoLa vicenda della figlia 17enne dell'ex ambasciatore nord-coreano, Jo Song-gil, riportata con la forza a Pyongyang dall'Italia nel novembre scorso, è già diventato un caso politico. Jo Song-gil, di stanza a Roma e scomparso nello stesso mese (ma l'opinione pubblica ne venne a conoscenza soltanto il 3 gennaio scorso ndr) , è considerato dal proprio Paese di fatto un disertore la cui defezione, secondo la legge nord coreana, potrebbe costargli cara. Il blitz dell'intelligence nord coreana in suolo italiano sarebbe avvenuto prima che la ragazza si potesse congiungere con i genitori, secondo quanto affermato dall' ex numero due della diplomazia di Pyongyang a Londra, Thae Yong Ho, anche lui fuggito ai controlli del regime nel 2016. Le polemiche politiche non sono tardate ad arrivare, sia nel governo, direttamente dal M5S, sia dall'opposizione. La vice presidente della Camera Maria Edera Spadoni chiede che il vice premier Salvini riferisca in aula sulla questione, gli fa eco sempre in quota 5S il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano che paragona il caso a quello della Shalabayeva e promette che chi è responsabile pagherà. Edmondo Cirielli, in quota fratelli d'Italia, e componente della commissione Esteri invece, invoca l'apertura di una inchiesta da parte della Procura. Anche la Farnesina si è vista costretta ad intervenire con una nota in cui informa che fu Pyiongang a riferire della volontà della ragazza nel tornare a casa. Il comitato per la sicurezza Copasir ha già fatto sapere che sta seguendo il caso già da tempo, visto che l'organismo è tenuto ad attivarsi quando su una vicenda emerge un coinvolgimento dell'intelligence
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Anche i migliori rapporti possono incrinarsi. La Russia e la Grecia - due Paesi che in genere hanno buone relazioni diplomatiche - stanno attraversando momenti di tensione, dopo l'espulsione da Atene di due diplomatici di Mosca e il divieto d'ingresso ad altri due dipendenti dell'ambasciata. La ragione sarebbe l'intrusione russa negli affari interni ellenici, in particolare nel tentativo di risolvere la disputa con l'ex repubblica jugoslava di Macedonia, sul nome di quest'ultima.
"La Grecia ha dimostrato che, nel contesto di una poliedrica politica estera, vuole buone relazioni con tutti gli Stati, tutti gli Stati devono rispettare il diritto internazionale, il governo greco e lo stato greco", ha dichiarato il portavoce del governo ellenico, Dimitris Tzanakopoulos.
Immediata la reazione del Cremlino: ci sarà una risposta speculare nei confronti della Grecia, hanno fatto sapere dal Ministero degli Esteri russo.
Il mese scorso i due paesi hanno firmato un accordo che, se approvato, vedrà la FYROM cambiare il proprio nome in Repubblica della Macedonia del nord. Ciò è dovuto al fatto che Atene non vuole che il nome sia lo stesso di una sua regione settentrionale.
L'accordo tra Grecia e FYROM dovrebbe agevolare l'ingresso del piccolo Stato, ma strategicamente importante, nella UE e nella NATO, in una regione in cui la Russia e l'Occidente stanno facendo pressione per esercitare la loro influenza.